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Vivere allo specchio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il 15 marzo è la Giornata di tutte quelle persone che ogni giorno lottano contro “il mostro” che hanno dentro, quello dei disturbi alimentari. Tutto può partire dalla vita che si conduce in famiglia, dal rapporto che si ha con i genitori, oppure dalla fissazione per la magrezza, per quella perfezione creata dai canoni odierni. Altre cause possono essere delle esperienze particolari, come abusi, bullismo o un lutto. I disturbi del comportamento alimentare sono diversi. L’anoressia, per esempio, consiste nella completa mancanza di appetito. Quel poco che si ingerisce, lo si vuole eliminare con il vomito autoindotto. Ci sono dei sintomi particolari, come la perdita smisurata di peso, che porta il fisico di una persona a un corpo scheletrico. La bulimia, invece, è caratterizzata da abbuffate continue da cui deriva poi un senso di colpa e, di conseguenza, si fa di tutto per eliminare quello che si è mangiato, con vomito e attività fisica. Per binge eating disorder si intende un’alimentazione disordinata: abbuffarsi, pentirsi di tutto quello che si è mangiato e non fare nulla per rimediare, o in alcuni casi si continua a mangiare con la consapevolezza dell’aumento di peso. Tutto questo può sembrare una cosa fisica, solo una perdita o un aumento del peso, invece è una questione psicologica. Non si riesce a guardarsi allo specchio per paura di quello che si vedrà. Può sembrare una cosa che non ci tocca minimamente, ma è tutta realtà, è la nostra società.

Ho esposto questa Giornata alla classe. Neanche la metà ne conosceva l’esistenza, né della Giornata né della malattia. Questa cosa non mi ha stupito, anzi lo ritenevo quasi scontato, perché si sente poco parlare delle storie di queste persone che ne sono colpite, che possono essere sia ragazze sia ragazzi dai 12 ai 50 anni d’età. Se ne sente parlare particolarmente sui social, è da lì che ho scoperto anch’io la presenza di questi disturbi. Si discute di autostima, di sintomi, di come superare, ma soprattutto ci sono ragazze che hanno sofferto e che raccontano la loro storia per aiutare chi ne soffre. In tutte le classi della scuola ho distribuito dei fiocchetti lilla, realizzati a mano, per far conoscere e ricordare le vittime, la sofferenza di chi ha ancora questo “demone interiore”, che continua a entrare nella loro mente e urlare che non ce la faranno mai, che sono brutte, che sono inutili. Nella mia classe in pochi conoscevano come è nata questa giornata: un padre ha perso la figlia a 17 anni proprio a causa della bulimia. Stefano Tavilla ha fondato l’Associazione “Mi nutro di vita” per aiutare chi può andarsene per questa malattia, come lui che ha perso l'amata figlia Giulia. Per l’occasione ho preparato un’installazione che è stata per alcuni giorni nell’atrio della scuola. Su un banco ho collocato tre specchi ai quali ho attaccato dei bigliettini che raffigurano i disturbi alimentari. Quello al centro aveva la scritta “sei bellissima” ed era al centro ma in fondo al banco, visto che è un obiettivo che si deve raggiungere; più avanti invece gli altri due specchi, uno con il disegno di un hamburger e il simbolo del divieto; l’altro biglietto riportava invece la frase “devi mangiare”, quello che dicono le persone quando si soffre di anoressia. Questi elementi erano avvolti da un metro da sarta. Vicino agli specchi c’era un piatto con una forchetta che arrotola, come se fosse pasta, un altro metro da sarta, quello che si usa per misurare la vita, un’ossessione per chi soffre di disturbi alimentari. C’era anche una sedia con due magliette, una con la taglia più piccola, l’altra più grande. Sempre sulla sedia c’erano due riviste, una che riguarda la cucina, l’altra per fare allenamento. Di fianco c’era una bilancia, la peggior “nemica” di queste persone, tutto parte quasi sempre da lì, da quell’oggetto che indica un numero, quello del peso. Oggi è quello che ci etichetta, ma che non ci rappresenta. Ho preparato anche un’altra attività per le mie compagne, visto che sono le femmine quelle con la maggior probabilità di subire questi disturbi. Ho predisposto un foglio con l’immagine di un corpo, con una legenda: rosso per indicare le parti dove si è insicure, giallo dove si è un po’ insicure e verde dove invece si è sicure. Riflettendo con la classe abbiamo notato che la parte più insicura è la parte centrale del corpo, quindi pancia e busto, dove si è un po’ insicure sono braccia e gambe, e dove si è sicure le mani e i piedi. Sembra quasi uno schema.

L’alimentazione si può considerare scontata, ma abbiamo fatto un lavoro sul brano di Jasper Juul, “La gioia del cibo insieme”. La qualità del cibo ha molta importanza: è preferibile per esempio comprare il cibo nei negozi al dettaglio, come la macelleria, un fruttivendolo, e non al supermercato e imballato dalla plastica. La vendita di cibi precucinati, take-away e fast food è però aumentata a livelli alti. Inoltre sui media si è diffusa la curiosità per le tradizioni di altri Paesi e, fortunatamente, la passione per la cucina fresca, gustosa e salutare. Si alza anche il numero delle persone che comprano libri di ricette. È importante per esempio scegliere un cioccolato con una percentuale alta di cacao, cibi freschi, frutta e verdura a chilometro zero, riconoscere la buona carne, il pesce. Optare per insalata coltivata nell’orto, impanare e friggere un pesce a casa, creare l’impasto della pizza in casa, il purè con patate schiacciate a mano, una bistecca invece di un hamburger di una qualsiasi catena di fast food. Per vivere e conoscere la cucina, la gioia e il piacere, la bellezza di gustare una pasta fresca, con salsa di pomodori maturati al sole, con basilico dell’orto.

Per capire se anche noi seguivamo una buona alimentazione abbiamo compilato due tabelle settimanali che indicavano cosa ha mangiato ognuno di noi per merenda. La prima settimana la percentuale più alta era quella dei cracker con il 24%, cibo buono e leggero per la metà mattina, la percentuale minore era quella degli yogurt e del cioccolato Kinder con 0,8%. La seconda settimana la percentuale maggiore l’ha vinta chi non mangiava niente con il 24% ma, considerando che due persone lo facevano per motivi religiosi, è buono come risultato, mangiare qualcosa per ottenere energie per le ultime ore scolastiche è importante. Con 0,6% la barretta e il cioccolato Kinder hanno la minor percentuale di cibi meno mangiati durante la settimana. Abbiamo fatto una riflessione anche sul brano “Fame d’amore” di Susanna Tamaro. Parla di un bambino, con dei genitori poco presenti, e ha solo il suo amico Frig. Quando è annoiato gli viene fame e va da Frig, apre la porta e trova il paradiso che si divora in un attimo, dalla maionese, alle lasagne, tutte le bibite, il pollo, il prosciutto e quando sono rimasti solo degli yogurt e delle mele era fiero di se stesso e se ne è andato. Questo ragazzo ha un vuoto dentro, si sente solo, i genitori fanno attenzione solo che lui non mangi troppo. Per riempire questo abisso psicologico fa abbuffate enormi per sentirsi meglio, ma non perché il suo corpo ne necessiti. Trova il cibo come una medicina alla sua solitudine, un rifugio che può salvarlo.

Oggi c’è quella perfezione irraggiungibile, che influenza la nostra vita. Ricordiamoci tutti che siamo bellissimi nelle nostre più marcate imperfezioni.

 

Silvia Makishti

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