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DIFENDERE I DIRITTI CON LE PAROLE
Accipere quam facere praestat iniuriam”
Iniziò tutto quando, per la prima volta, ho visto uno di quei programmi del giovedì pomeriggio, era una delle classiche puntate de La signora in giallo, una delle mie serie televisive di genere investigativo preferite. Ho sempre avuto una passione per i gialli ed infatti, da subito, capii quanto mi interessasse il mondo che riguarda l’ingiustizia e la giustizia. Proprio per questo la mia ambizione più grande è quella di fare l’avvocato. Dalla tenera età di dieci anni ho sviluppato questo mio desiderio di rendere in modo concreto il mondo un posto migliore, con persone migliori e soprattutto un mondo dove ognuno ha pari dignità, nonostante il genere, l’età e qualsiasi altra cosa che possa mettere a repentaglio la libertà di ciascuno di noi. Si, è proprio questo quello che intendo fare nella vita, l’avvocato civilista.
Di che cosa si occupa l’avvocato civilista? Questo tipo di lavoro principalmente si occupa di casi strettamente legati alla responsabilità civile e quindi è una professione necessaria per stabilire i rapporti e i diritti civili; ad esempio gestisce questioni famigliari come il matrimonio o l’adozione oppure ricopre il compito di risolvere delle liti dovute all’eredità.
Per svolgere una professione di questo tipo bisogna essere forti e decisi e, sotto questo aspetto, mi ritengo all’altezza. Tuttavia, se dovessi vedere questo lavoro anche da un altro punto di vista, ho paura di trovarmi di fronte a una persona colpevole e io non voglio essere ricordata come colei che ha difeso un uomo o una donna che ha commesso un reato. L’ho sempre ritenuto un lavoro di una certa complessità (ma d’altronde cosa c’è di più bello di una sfida) anche se rispettato proprio perché molto diffuso come tipologia di lavoro in tutto il mondo, soprattutto tra gli uomini. E le donne? In questo ambito, le donne non sono mai state sottovalutate come in altri lavori anche se, in passato, quando questa professione prese più importanza, erano esclusi dal poter svolgere questo ruolo i fanciulli (ovvero ragazzi ritenuti troppo giovani e non abbastanza saggi), persone con disabilità, con particolare attenzione verso i sordi, e le donne. Ancora oggi il guadagno annuo di un uomo avvocato è il doppio o addirittura il triplo di quello di una donna e questi sono certamente dati che dimostrano, ancora una volta, la differenza tra i generi e non solo. Emerge infatti un grande contrasto proprio perché il compito dell’avvocato dovrebbe essere quello di diffondere la giustizia, come rappresenta l’obiettivo numero 16 dell’Agenda 2030 (agenda costituita da 17 obiettivi universali da realizzare entro il 2030 per rendere il mondo un posto migliore), pace, giustizia e istruzione forti. Nel passato, ma anche nel presente, questo non veniva assolutamente preso in considerazione e si dava più importanza al mantenere ignoranti persone come quelle elencate precedentemente perché ritenute non all’altezza.
Il vantaggio di questo lavoro, per una donna, è quello che puoi farti valere, proprio come hanno fatto Latifa Sharifi, avvocata afghana che è tuttora in carcere per aver difeso i diritti delle donne, oppure Nasrin Sotoudeh, avvocata e attivista iraniana che lotta per i diritti umani, anche lei detenuta. È come se volessero cercare di mantenere la “normalità” creando delle barriere, ovvero, cancellare l’identità di quelle poche persone che hanno il coraggio di ribellarsi mettendole in una cella.
Un altro esempio di donna avvocato è Lidia Poët, la prima donna avvocato in Italia (Torino), nonostante anche lei abbia dovuto superare alcuni ostacoli. Infatti, prima di avere il permesso di raggiungere il suo obiettivo, ha dovuto passare un intero processo che l’avrebbe portata alla vittoria. Il processo discuteva sul fatto di darle l’opportunità di proseguire i suoi studi con l’iscrizione ad un ordine professionale. Nel 1883 il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino votò con otto punti a favore contro quattro. Per me Lidia Poët è un vero e proprio esempio di tenacia e determinazione da cui prenderò spunto. Un’altra ragione per cui mi ha colpito è il fatto che non ha dato retta agli altri e ai loro giudizi, bensì è andata avanti proseguendo per la sua strada e focalizzandosi solo ed esclusivamente sul suo lavoro.
Fare l’avvocato per me significa cercare di tirare fuori la parte più comprensiva, spontanea e anche competitiva di me con le persone in difficoltà che posso trovarmi davanti, sempre e in ogni caso; oppure dare il meglio per difendere persone accusate ingiustamente.
Ma qual è la storia di questa professione? Essa è una tra le più antiche, già praticata nell’Antica Roma e nell’Antica Grecia. Il termine avvocato deriva dal latino “advocatus”, ovvero persona chiamata presso l'imputato. Inizialmente questo lavoro aveva come scopo principale quello di risolvere le diverse complicanze familiari oppure semplici difficoltà nella vita quotidiana finché non ci fu l’esigenza di rendere ciò un vero e proprio lavoro perché, alcune cause, avevano la necessità di essere ben motivate e discusse in giudizio. È un lavoro che si può suddividere in diversi rami. Tra i principali si possono citare l’avvocato penale, che si occupa di gestire cause strettamente legate agli affari; poi l’avvocato divorzista e matrimonialista, con il dovere di occuparsi di separazioni o di diritti in famiglia; infine il mio futuro lavoro, l’avvocato civilista.
Attraverso quale percorso di studi posso diventare un avvocato? Per diventare un avvocato devo conseguire una laurea in Giurisprudenza, poi devo necessariamente procedere con l’iscrizione ad un ordine professionale (istituzione di riferimento per più ambiti) e infine svolgere un periodo di praticantato.
Cosa sono per me la giustizia e l’ingiustizia? È come se fossero due diversi stili di vita: la giustizia, è la coscienza di differenziare il Bene e il Male, la forza di riuscire a fare cose “giuste”; l’ingiustizia, al contrario, è quando una persona è ingiusta, ovvero fa differenze ma tra le varie persone che si trova davanti. Tuttavia, come scrisse Marco Tullio Cicerone, Accipere quam facere praestat iniuriam: è meglio subire un’ingiustizia, piuttosto che compierla.
Gloria Nardi
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