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CURARE, SALVARE, ESSERCI

Chi voglio diventare da grande?

 

La professione del medico è molto diffusa oggi, anche se esisteva già nelle prime civiltà. 

Come la sua nascita, anche l’evoluzione di questo mestiere è andato a pari passo con lo sviluppo umano. Inizialmente non esistevano né dottori né infermieri come li intendiamo oggi, ma bensì i medici-sacerdoti (noti anche come m-s). Come si potrebbe intuire dal nome, questa mansione era strettamente legata alla Chiesa. Il problema, però, è che non venivano curati realmente i dolori fisici, ma solamente quelli legati allo spirito e all’anima. I m-s credevano, inoltre, che il loro potere derivasse da Dio: le loro parole non erano, dunque, basate sulla scienza ma su ideologie soggettive. 

Con il passare del tempo, il lavoro del medico ha acquisito sempre più importanza ed ha assunto un ruolo chiave nella vita delle persone. A partire dal periodo greco-romano, i m-s hanno iniziato a preparare, attraverso studi scientifici, vere e proprie medicine. Inoltre, negli anni dell’epoca medievale, l’arte medica è stata riconosciuta degna di rispetto perché considerata fonte di salute e perfezionamento dell’uomo.

Avvicinandosi sempre di più all’età contemporanea, la personalità del medico diventa coerente con l’idea odierna. Infatti, dal XIX secolo questo personaggio ha guadagnato il camice bianco che tutti conosciamo. Infine, nel secolo antecedente il nostro, il numero di laureati in medicina aumenta a dismisura, creando squilibri nell’autorevole figura del medico.

Negli ultimi anni della mia vita mi sono posto spesso una domanda: chi voglio diventare da grande? Penso che diverse persone si siano sentite, come me, in difficoltà di fronte a questo quesito. Molti avranno pensato di diventare dei calciatori perché, come dico spesso, non c’è nulla di meglio che guadagnare soldi giocando. Crescendo, però, ho imparato ad aprire gli occhi e ho capito che non è tutto così facile come sembra, il mondo dello sport è una scommessa e bisogna lavorare sodo anche solo per far divertire ed emozionare le persone.

Da qualche anno ho iniziato ad apprezzare molto il mestiere di mio padre, il quale lavora da sette anni come mediatore culturale per una Onlus che presta aiuto ai bisognosi; adoro il fatto che faccia da intermediario per aiutare la gente proveniente dalla Nigeria, il mio Paese natale, a vivere una vita quantomeno dignitosa. Mi sono appassionato, dunque, all’idea di poter usare la mia conoscenza per aiutare e salvare altre persone. Inoltre, mio papà ha operato come volontario della Croce Rossa dal 2010 al 2015, quindi gli è sempre appartenuto questo spirito solidale verso il prossimo. 

Soprattutto con la pandemia in corso ho capito davvero quanto siano fondamentali, ma soprattutto vitali, i medici nella nostra vita: ogni giorno vanno al lavoro fieri, ma allo stesso tempo consapevoli del rischio che corrono esponendosi così tanto a potenziali malati. Ammiro la loro notevole determinazione ed è per questo che mi chiedo: ma allora se sono davvero così essenziali, perché gli ospedali stanno cercando di sostituirli con delle macchine? Mi risulta difficile dare una risposta ma, con gli spazi di riflessione concessi a scuola, posso affermare che questa sia un’arma a doppio taglio. Se un robot viene programmato non potrà mai sbagliare, però non si deve di certo considerare futile l’esperienza di un essere umano. Mi sento di dire con rammarico che quella in cui viviamo sia una società pigra e che non si sente in dovere di finanziare il talento dell’uomo, ma preferisce trovare delle scorciatoie per investire meno capitale possibile.

Un altro problema importante è la progressiva carenza di medici di base: i dati del 2019 riportano infatti che dal 2012 il numero dei medici di famiglia è calato da 45.500 a 42.420 nel giro di soli 8 anni. La cosa che preoccupa di più, però, è il fatto che sia stimata una differenza tra medici di base in uscita e in entrata di 15.500 unità tra il 2022 ed il 2028. È davvero allarmante pensare che il numero di dottori che andrà in pensione possa essere più alto di quello dei neolaureati in medicina. Penso che questa situazione preoccupante dipenda dal fatto che siano richiesti studenti specializzati in diversi settori della medicina e, quindi, non è più sufficiente un’istruzione di base. 

Ad essere sincero mi piacerebbe diventare proprio un pediatra ma, se in futuro fosse richiesta una specializzazione specifica, sceglierei sicuramente la medicina dello sport oppure la scienza dell’alimentazione. Essendo uno sportivo reputo questi settori molto legati fra di loro e penso che potrei essere molto d’aiuto ad un atleta.

Secondo me un bravo medico è colui che ascolta attivamente il paziente, pone domande utili alla comprensione del caso, prende decisioni sulla base di informazioni acquisite con studio ed esperienza. Non penso di aver acquisito completamente queste competenze, ma sono fiducioso del fatto che io possa diventare un dottore di successo perché credo nelle mie potenzialità.

A mio avviso, lavorare in ospedale è una delle cose più soddisfacenti, ed è fondamentale essere fieri del compito che si svolge, per poter adempiere al proprio dovere nel migliore dei modi. Concludo dicendo che auspico vivamente che si realizzi, in un modo o nell’altro, il mio desiderio: usare la mia intelligenza per aiutare il prossimo.

 

Paschal Adedayo

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