LASCIARE DEI SEGNI
Lasciare dei segni
“Lasciare dei segni”, è questo l’obiettivo che vorrei raggiungere nel futuro. In che modo? Svolgendo il ruolo di insegnante. Il termine “insegnare” deriva dal latino “insignare”, che significa proprio “imprimere dei segni nella mente”. Da sempre ho trovato interesse nell’andare a scuola, perché è da qui che si coltivano i saperi che generano la passione, la quale, a sua volta, stimola nuove scoperte. Chiacchierando con mia mamma, che lavora come educatrice all’asilo nido, ho “conosciuto” una figura innovativa nel campo dell’insegnamento, secoli e secoli fa: Socrate. Già nel 400 a.C., egli elaborò e mise in pratica un metodo didattico innovativo, cioè uscire, camminare insieme, instaurando un dialogo ed un confronto su un argomento. Imparare, per poi formulare un proprio pensiero, riuscire ad esporlo, argomentarlo e sostenerlo.
Un altro pilastro della storia dell’insegnamento fu Aristotele, colui che fondò la cosiddetta “scuola peripatetica”, ad Atene. Si trattava del Liceo, il cui nome deriva dalla statua di Apollo Licio, dell’omonima città, nel quale il filosofo insegnava. Ma da dove deriva il termine “peripatetica”? Da “peripato”, ossia una parte del giardino della scuola dove Aristotele teneva le sue lezioni, spesso camminando e discutendo con i suoi allievi. Camminando…perché? Perché l’indagine, la conoscenza, aveva come fondamento sempre l’esperienza concreta, i sensi, le sensazioni che attivano le immagini mentali ed il pensiero. Figura altrettanto importante fu Platone, perché imparare non è altro che un tirar fuori una conoscenza che già esiste nell’individuo.
In realtà, le prime forme di scolarizzazione risalgono a molto tempo prima dell’antica Grecia: già tra il 3000 a.C. e il 500 a.C. in antico Egitto perché, grazie all’invenzione della scrittura, il sapere cominciava a diffondersi…prima la conoscenza era data da tradizioni orali! In confronto al periodo classico, il Medioevo fu un’epoca di declino per l’istruzione…Quale fu la causa? Sicuramente la caduta dell’Impero romano d’Occidente, a cui conseguì la fine dell’antico sistema scolastico e lo stabilimento delle popolazioni germaniche. La scuola non progredì, quindi, neanche negli Stati romano-germanici, perché la loro cultura era soprattutto orale e si soffermava sulla preparazione militare. Dopo il Concilio di Toledo e quello di Vaison (Provenza), nacquero delle scuole ecclesiastiche, dentro alle quali si studiavano il latino, il Testo Sacro e gli autori cristiani. Nel 500 sorsero le prime istituzioni monastiche, plebane e vescovili, anche se non erano aperte a tutti, ma solo ai bambini destinati ad un futuro nel clero. La formazione era quasi esclusivamente biblico-religiosa, e non si dava molta importanza alla grammatica e alla retorica.
Dopo qualche secolo si intuì che non solo la Chiesa dovesse avere il monopolio dell’istruzione e il re Lotario, nipote di Carlo Magno, fece costruire nove scuole sul territorio italico, nelle quali si studiavano discipline come la retorica, la grammatica, la dialettica, la musica, l’aritmetica, la geometria, l’astronomia e le scienze religiose. Questo fu il primo passo verso l’istituzione della scuola pubblica! Dopo l’anno Mille, grazie al rifiorire del commercio, sorsero delle scuole in cui non si studiavano più soltanto il latino, ma anche i saperi pratici. Insieme ad esse, fu necessaria la figura dell’insegnante professionista, che non lavorava solo per “vocazione”, ma per essere, al contempo, retribuita. Tuttavia, si diede spazio anche ai ceti più poveri solo nel XIII secolo, con la nuova presenza delle scuole comunali. I docenti erano scelti, stipendiati e controllati dalle autorità della città. Nel 1300, l’istruzione superiore era riservata solo ai ragazzi, e le ragazze, dopo aver terminato la scuola primaria, non avevano la possibilità di studiare. Nel Basso Medioevo gli insegnanti erano, purtroppo, mal pagati e non motivati, ed il loro compito era, più che altro, quello di educare i bambini con lo scopo che non commettessero azioni scorrette.
Durante il periodo dell’Umanesimo, ed ancor più nel Rinascimento, si passò ad una visione antropocentrica, nella quale l’educazione aveva come centro d’interesse l’uomo completo, ossia con una propria capacità di giudizio. Le scuole erano prevalentemente private ed erano scuole convitto per i ragazzi maschi delle classi più agiate. Notevoli furono le scuole di Guarino Guarini e di Vittorino Da Feltre, che inclusero nell’educazione anche l’attività fisica (mens sana in corpore sano – “mente sana in corpo sano”). Nel Cinquecento si ritenne fondamentale trovare anche dei momenti di svago per rilassarsi oltre allo studio e vennero eliminati i castighi e le punizioni. Si va sempre di più verso una scuola che educa i ragazzi in modo da diventare indipendenti, con una propria libertà di pensiero, pronti per affrontare la vita.
Nel Settecento vennero istituite delle scuole pubbliche gestite dallo Stato e con la Rivoluzione francese l’idea che si aveva sull’istruzione primaria cambiò, perché doveva essere aperta sia ai maschi che alle femmine, gratuita ed obbligatoria.
La scuola, come la intendiamo noi, si è sviluppata nell’Ottocento, quando tutti gli Stati decisero di finanziare un’istituzione con il compito di fornire ai cittadini un’istruzione primaria. Lo scopo principale delle scuole era l’alfabetizzazione e, in questo modo, l’insegnante si rivelò un ruolo sempre più importante. In Italia, grazie alla legge Casati del 1859 fu istituita la scuola elementare obbligatoria per quattro anni. Solo nel 1877 fu approvata la legge Coppino, che prevedeva cinque anni di scuola elementare obbligatoria e gratuita. Fu un passo avanti, anche se non risolse il problema dell’analfabetismo (sviluppatosi soprattutto nell’Italia meridionale), poiché erano i Comuni a pagare gli insegnanti, e il Sud Italia non possedeva le risorse economiche necessarie.
Nei primi del Novecento si diffusero metodologie educative che avevano come centralità l’individuo e, quindi, non più solo una trasmissione di nozioni ma una co-costruzione di saperi, cioè “costruire insieme”. Un esempio di questa ideologia fu la pedagogista italiana Maria Montessori, la cui frase celebre è “Aiutami a fare da solo”, ovvero fare, provare, sperimentare per poter imparare e capire e, nel frattempo, costruire il proprio “sé”. Infatti, l’insegnante non ha solo il compito di passare le informazioni sulle varie materie: la sua figura è molto più complessa, perché accompagna gli studenti durante la loro crescita, fa emergere le potenzialità di ognuno di loro.
Gli insegnanti devono essere i primi ad aggiornarsi e reinventarsi, come evidenzia il nostro periodo storico, che ha costretto ad affiancare ai tradizionali metodi, nuovi approcci come la D.A.D.; la scuola si deve, quindi, sempre riorganizzare: non solo il libro cartaceo, ma anche altri strumenti come i PC, la lavagna LIM, i CD per gli ascolti,…
In tempi come questi, la richiesta di insegnanti sta aumentando sempre di più e, in mancanza di docenti a causa della pandemia, si sta ricorrendo ai giovani. È nata la figura del “baby prof” che, subito dopo aver finito la scuola secondaria di secondo grado, può andare ad insegnare. Questo mi fa riflettere sul fatto di come sia cambiata la scuola in anni, secoli, millenni…si è evoluta fino ad arrivare ai giorni nostri!
Certe volte mi sono chiesta: “In che modo posso diventare insegnante e quali sono i requisiti che devo possedere per riuscire nella mia impresa?”. Navigando sul web ho scoperto che devo, per prima cosa, conseguire una laurea magistrale, specialistica o vecchio ordinamento ed il titolo di studio deve contenere tutti gli esami e i CFU (Crediti Formativi Universitari) richiesti. È necessaria, inoltre, la certificazione dei 24 CFU, fondamentali per poter partecipare ai concorsi scuola. Gli incarichi vengono assegnati basandosi sul sistema delle graduatorie d’istituto. Per ottenere l’abilitazione all’insegnamento e il ruolo, i docenti delle scuole secondarie dovranno partecipare a un concorso pubblico ordinario.
Penso a come sarò una volta arrivata al mio obiettivo…come mi piacerebbe apparire ai miei futuri studenti? Vorrei riuscire a far scattare l’interesse, la curiosità di sapere, l’attenzione e offrire qualcosa su cui riflettere, da portare a casa oltre ai compiti assegnati.
Concludo con una frase di Socrate che mi ha particolarmente colpita: “L’insegnante mediocre racconta, il bravo insegnante spiega, l’insegnante eccellente dimostra. Il maestro ispira.”
Giulia Bottoli