SOGNANDO LA GIUSTIZIA
Vorrei fare una breve premessa: io sono ancora confusa su come voglio strutturare il mio futuro. Sono piena di idee, passioni, sogni d’infanzia… Talmente tanti che mi risulta difficile proiettarmi nel futuro. Ho quindi avviato una riflessione interiore, prendendo in considerazione le mie passioni, i miei sogni e ciò in cui so di essere oggettivamente brava. Da piccola sognavo di fare la psicologa, forse per la forte empatia che mi caratterizza da sempre, ma allo stesso tempo mi sarebbe piaciuto far parte del corpo di polizia, o meglio ancora, entrare nella scientifica. Tutti quanti sogni ambiziosi, che necessitano un percorso formativo lungo e non sempre facile. Ho tentato quindi di trovare dei punti in comune tra queste due professioni e, allo stesso tempo, riuscire a collegarmi anche a ciò che mi piace fare. Sono arrivata quindi al seguente risultato: l’avvocato, specializzato in cause penali. L’avvocato ha uno dei ruoli chiave durante il processo, e di conseguenza anche nelle indagini, ma allo stesso tempo ha anche una forte componente psicologica. Deve infatti capire la mente non solo del proprio cliente, bensì di tutti gli implicati dell’indagine. Oltre a ciò deve saper interpretare bene le prove, e giocare psicologicamente così da poter “vincere” la causa. In realtà, ho ben capito il percorso scolastico che mi piacerebbe intraprendere, ovvero giurisprudenza, ma ad oggi sono ancora titubante sulla scelta definitiva. Mi piacerebbe infatti, dopo la laurea, riuscire ad ottenere un dottorato, così da poter scegliere se diventare avvocata o magari professoressa di giurisprudenza. Però, per la riflessione di oggi, ho preferito indagare sul ruolo che conduce un avvocato, sul percorso che bisogna fare e sulla storia di questa professione.
La parola avvocato deriva dal latino “advocatus”, e la sua figura nasce nell’Antica Roma, professione implicata in campo politico, ma oltre a lui, il diritto romano, prevedeva altri tre ruoli: il giurista (il nostro attuale giudice), l’oratore (colui che al processo doveva parlare) e il procuratore (ovvero colui che, in poche parole, controllava tutto il processo).
Durante il Medioevo questa professione incominciava ad essere più conosciuta rispetto a prima, ma inizialmente era riservata solo allo stato clericale. Con l’introduzione però delle persone laiche, i preti in ambito giuridico vennero visti sempre peggio, tant’è che nel dodicesimo/tredicesimo secolo d.C venne loro vietato di esercitare questa professione. Successivamente, durante gli anni, ci furono molte evoluzioni, ad esempio, durante la fine del tredicesimo secolo, si imponeva agli avvocati di giurare sul Vangelo che avrebbero preso parte solo alle cause giuste, rifiutando di introdursi in quelle malvagie.
Ma fino al 1490 non c’era un percorso formativo delineato da intraprendere, infatti i requisiti per diventare avvocato erano ancora confusi e in continuo cambiamento. Finalmente in Francia vennero richiesti 5 anni di università e, alla fine del percorso di studi, una laurea in diritto civile. Il ruolo dell’avvocato divenne così più “esclusivo” e meno accessibile. Infine, durante l’epoca moderna, iniziarono a nascere le prime società di avvocati, che assomigliano agli attuali studi legali.
Ovviamente tra passato e presente tante sono le differenze, e si possono notare anche in questa professione. Ad esempio, ad oggi il ruolo di avvocato è una funzione ambita, raffinata e ben pagata, mentre in passato era un lavoro sottoretribuito. Oppure, una differenza che possiamo trovare in quasi tutti gli ambiti lavorativi, è la presenza di donne. Infatti, nei secoli scorsi, non vi era spazio per le donne, a maggior ragione se un lavoro era intrecciato alla politica. Venivano considerate inutili in tutte le professioni dove si bisognava avere un proprio pensiero. In Italia, nel 2015, la percentuale di donne avvocate era pari al 47% sul totale, quindi gli uomini erano il 53%, una poca differenza in confronto alle enormi diversità in altri campi lavorativi. Questo dimostra quanto si sia evoluta anche la concezione che si aveva, e che si ha, su questo lavoro.
Infine un’altra differenza lampante è il percorso di studi richiesto. Come detto precedentemente, in passato non si aveva bisogno di un vero e proprio titolo di studi, era di conseguenza accessibile ad un numero di persone maggiore. Ad oggi bisogna avere alle spalle un percorso specifico, ben delineato e abbastanza complesso, solo così si può avere accesso a questa professione, è diventata più “esclusiva” e selettiva, meno comune.
La figura dell’avvocato, o per meglio dire ciò che gli viene richiesto per ottenere questo titolo, varia da Paese a Paese. Ci sono però degli aspetti immutabili, che riscontriamo in qualsiasi caso, come ad esempio la richiesta di un percorso di studi specializzato (in Italia è la facoltà di giurisprudenza). In qualsiasi stato democratico, essendoci il “diritto alla difesa”, ci sono degli avvocati chiamati “d’ufficio”, perché appunto gratuiti (pagati dallo stato e non dal cliente) e forniti dallo stato.
In Italia per ottenere il titolo di avvocato bisogna intraprendere un certo percorso di laurea: giurisprudenza (dal latino iurisprudentia, a sua volte derivante da iurisprudentis che significa “esperto del diritto”). I laureati in giurisprudenza, alla fine del percorso universitario, avranno approfondito a pieno l’interpretazione giuridica e lo studio del diritto. Il titolo con cui si esce da questa facoltà è “dottore magistrale in Giurisprudenza”, e dopo 5 anni si può continuare il proprio percorso di studi, indirizzandolo verso avvocatura, magistratura, notariato, oppure prendere parte ad un Dottorato di Ricerca… Ci sono moltissime sfaccettature e strade in questa università, si può passare dallo studio di diritto sostanziale, al diritto processuale, a quello economico e molti altri.
Il diritto sostanziale si occupa della creazione e della determinazione delle varie regole, diritti, obblighi e doveri che un cittadino deve assumere all’interno di uno Stato, regolando così il comportamento di ogni persona. Il diritto processuale invece si occupa del modo in cui le leggi del diritto sostanziale vengono messe in atto. In breve: il diritto sostanziale determina il reato, mentre il diritto processuale definisce il modo in questo crimine verrà interpretato e processato.
Successivamente, in Italia, bisogna svolgere 18 mesi di tirocinio in un studio legale accanto ad un avvocato nel pieno della sua carriera. Alla fine di quest’esperienza bisognerà sostenere un esame di abilitazione, così da assumere ufficialmente il diritto di esercitare ruolo di avvocato.
ESPERIENZA
Ho avuto la fortuna di poter intervistare una ragazza, Cristina Barnea, che ha da poco concluso il percorso universitario di giurisprudenza, all’università Cattolica di Piacenza, e ora sta facendo un dottorato accanto ad un professore, aiutandolo e allo stesso tempo studiando. Mi sarebbe piaciuto intervistare anche qualcuno con più esperienza alle spalle, per poter mettere a confronto due epoche, ma non ho avuto la possibilità di farlo, non conoscendo nessuno.
Cristina ha iniziato a raccontarmi la sua esperienza dicendo che è un percorso difficile e lungo, e che, se non si è abbastanza forti da tenersi a galla, si rischia di “annegare” in quello che è il mondo giuridico. Esso comporta tanti sacrifici, bisogna quindi esserne consapevoli quando si sceglie di intraprendere questo percorso formativo. Ha anche aggiunto però che, allo stesso tempo, nonostante la sua complessità, se vissuto bene e se la scelta è stata basata sulla convizione, questo cammino darà anche moltissime soddisfazioni, poiché ci si sentirà ripagati per il duro sforzo. Ha insistito sul fatto che bisogna iscriversi in un’università seria e competente, e che la nostra scelta deve esser nata dal piacere di fare una cosa, o comunque da una nostra passione, poiché altrimenti tutta la nostra vita diventerebbe cupa, infelice e a tratti monotona.
Le due discipline fondamentali sono diritto penale e diritto civile. Attorno ad esse ce ne sono una miriade, ma queste sono le più importanti (es. diritto familiare, diritto del lavoro, diritto costituzionale…). Ci sono dei corsi obbligatori, che bisogna intraprendere nella durata di tutti i 5 anni, ci sono poi degli esami opzionali che si possono scegliere durante gli anni di facoltà. Sicuramente all’università i ritmi saranno più scanditi e meno flessibili, e bisognerà avere un’organizzazione millimetrica, poiché gli esami sono tanti e lunghi, bisogna quindi studiare sempre dopo le lezioni, non riducendosi mai all’ultima settimana dovendo ancora ripassare tutto. Infatti per preparare un buon esame sono richiesti, talvolta, anche mesi, poiché necessitano di una lunga e laboriosa preparazione.
La ragazza mi ha inoltre detto che appena si vede la parte teorica messa in pratica tutto risulta più facile. Infatti è molto importante vedere le cose studiate messe in pratica, magari da qualcuno che si prende come punto di riferimento, che è nel vivo della propria carriera.
Una volta finito il percorso universitario, si possono comunque continuare gli studi, ad esempio facendo un Master della durata di 1 anno. Mi ha però consigliato di farlo solo nel caso in cui avessi le idee più che chiare, cosa che poche volte ho.
Nel frattempo, la sua esperienza sta continuando, infatti lei sta facendo un dottorato, della durata di 3 anni, che consiste perlopiù nell’aiutare un professore, attraverso più mezzi, come ricerche, articoli… E successivamente si potrebbe diventare un professore universitario di giurisprudenza, indirizzando la propria carriera nell’ambito dell’insegnamento. Nulla vieta che si possa fare contemporaneamente sia l’avvocato sia il professore, ma sarebbe alquanto difficile, a parer mio, riuscire ad incastrare queste due professioni ed avere contemporaneamente tempo anche per se stessi.
Il percorso che lei ha intrapreso, ad oggi, è quello che in futuro vorrei percorrere anch’io.
Ho preso questa ragazza come punto di riferimento, e lei mi ha offerto sin da adesso il suo aiuto, sostenendo che avere una figura che ha già percorso quella strada ti dà aiuto, sicurezza e sostegno.
Infine mi ha fatto un breve elenco delle università migliori del Nord Italia, quelle più “vicine” a casa… Inutile dire che ho alte ambizioni, e non so se mai riuscirò ad entrarci, ma il mio sogno, sin dalla prima media, è riuscire ad entrare alla Bocconi di Milano. So di essere molto ambiziosa, e che forse dovrei un po’ scendere con i piedi per terra, anche perché magari la mia famiglia non riuscirà a mantenere le spese di quella facoltà, ma ci sono le borse di studio, che spero di riuscire a prendere.
Il percorso che ho intenzione di intraprendere in futuro è molto complicato e tortuoso, potrei pentirmene a volte, e so che ci sarà un momento, o anche più di uno, dove sentirò la voglia di mollare tutto quanto, di vanificare i miei sforzi. Ma sono altrettanto consapevole del fatto che più un percorso richiede fatica, più soddisfazione e porte aperte nel mondo del lavoro ci saranno. Ad oggi bisogna sapersi fare spazio in questo mondo a volte troppo piccolo per contenerci tutti quanti. Bisogna sapersi creare un piccolo spazio, e molte volte chi lavora sodo riesce a trovare questo spazietto. Spero sia così, lo spero vivamente, perché voglio arrivare in alto, voglio dimostrare a tutti coloro che mi hanno screditato, e a chi lo farà in futuro, che posso, da sola, riuscire a diventare qualcuno, a creare il mio spazio nel mondo. Molte volte mi sento dire “Stai bassa Ecaterina, perché più vai in alto, più la caduta sarà dolorosa”, ma chi mi assicura che ci sarà realmente una caduta? Anche se ci fosse, l’importante è trovare le forze dentro di sé per rialzarsi e puntare ancora più in alto. Che senso avrebbe la vita senza le ambizioni e le aspirazioni? Chi si accontenta della banalità, della limitatezza, della mediocrità, vivrà una vita tale, una vita insoddisfacente. Chi invece vuole arrivare in alto, vuole oltrepassare non solo i propri limiti, ma anche quelli imposti dall’esterno, credo che vivrà realmente la propria vita, capirà il vero significato della parola “vivere”.
Ecaterina Gidioi