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IL SOGNO DI CURARE LE VITE

Medico in camice bianco

Mi chiamo Alessia, sono una tredicenne e mi considero una ragazza un po’ sognatrice. Se mi dovessero chiedere cosa vorrei fare nel mio futuro la mia risposta sarebbe il medico, un lavoro che mi ha sempre appassionato e incuriosito perché lo trovo un impiego gratificante, ripagato dalla soddisfazione a fine giornata nell’avere aiutato le persone o anche solo dato qualche consiglio a qualche paziente. Sono consapevole, però, che ci vuole anche coraggio soprattutto quando davanti ti trovi qualcuno che vorrebbe il tuo sostegno e devi guardarlo negli occhi per comunicargli che qualcosa nel suo corpo non va. Non c’è mai stato niente in particolare che mi ha avvicinato a questo mondo, nessuno dei miei parenti è medico ma mi incuriosisce questa figura e spero di avere occasione di approfondirla con il passare degli anni per poter fare la scelta giusta. Sicuramente è molto impegnativo anche dal punto di vista della preparazione visto che ci vogliono molti anni di studio prima di ottenere una laurea in questo ambito, le responsabilità a cui si va incontro, come in tutti i lavori, sono molte ma in questo caso si ha a che fare con la vita delle persone e quindi non è ammesso nessun errore. Questo potrebbe essere un elemento di scoraggiamento da parte di molti ma se coltivi il sogno di diventare un medico non devi rinunciarci ma devi metterci tutta la tua buona volontà per poterlo realizzare. Come ho detto nella mia famiglia nessuno è un dottore ma ho avuto la possibilità di porre qualche domanda ad un ex medico di base in merito alla sua esperienza lavorativa.

  • Qual è il lato che Le piace di più del lavoro del medico?                                                                                                                             

Poter aiutare le persone a risolvere i propri problemi di salute e ascoltare perché è un elemento molto importante che tutti i medici devono fare, ovvero essere disponibili all’ascolto dei propri pazienti.

  • Qual è il lato che Le risulta più difficile del Suo lavoro?                                               

Riuscire a soddisfare tutte le richieste dei pazienti, incluso il fatto di rispondere alle domande in modo chiaro, senza usare termini complessi affinché sia il più comprensibile possibile e un’altra cosa è che il paziente segua i consigli dati del dottore.                                                                                                                          

  • Cosa L’ha portata alla scelta di questo lavoro?                                                                                                                 

Non c’è stato niente in particolare che mi ha fatto scegliere questa strada, è più qualcosa che nasce dentro di sé, come la disponibilità nei confronti delle altre persone. Forse però, pensandoci bene, due avvenimenti accaduti nella mia adolescenza mi hanno influenzato nell’iscrivermi all’Università di Medicina, una scelta non solo di lavoro ma anche di vita. 

Questa professione è molto antica e ovviamente nel tempo si è evoluta, così come è cambiato l’approccio al mondo della medicina.  La figura del medico esisteva già nelle prime civiltà ma il primo medico conosciuto è Ippocrate, considerato il padre della medicina scientifica, vissuto nel sec. Vº a.C. ed è conosciuto anche per il “Giuramento di Ippocrate”, fu lui che determinò l’inizio della medicina moderna. Affermò la necessità di allontanare, dalle diagnosi e dalle terapie, le superstizioni e il trascendente, come succedeva sino ad allora, ma di basarsi invece sull'esperienza e sulla logica. Nella storia si sono alternati momenti in cui questo mestiere veniva esercitato da preti-monaci ad altri in cui si parlava di dottori laici. Questa figura, però, ha cominciato a diffondersi solo nel Risorgimento molto probabilmente perché, proprio in quel periodo, ci sono state molte scoperte in campo medico. 

L’estrema evoluzione tecnologica in questi ultimi anni sta portando alla sostituzione degli esseri umani, per l’effettuazione per esempio di un’operazione chirurgica, da parte dei robot; avremmo interventi più rapidi, più precisi e più sicuri ma dall’altra parte questo porterebbe a dimezzare il numero di medici lasciandoli senza lavoro in quanto non più necessari. 

Secondo me per svolgere questo lavoro bisogna essere empatici per rassicurare e far sentire a proprio agio i propri pazienti, sensibili alle necessità di chi abbiamo davanti ma allo stesso tempo non farsi prendere troppo dalle situazioni e dalle emozioni perché, quando sei un medico, stai spesso a contatto con delle persone che non stanno bene e questo ti porterebbe ad un perenne senso di tristezza influenzando la tua vita privata.  

Sono consapevole che questa scelta di vita porti anche momenti di sconforto soprattutto quando vedi davanti a te persone morire, ne è l’esempio il momento di pandemia che abbiamo vissuto in questi anni. I dottori e gli infermieri hanno dovuto unire le forze e fare turni massacranti, il paziente era la loro priorità, nessuno doveva essere escluso dalle cure ma senz’altro non è stato così semplice quando un virus ti colpisce all’improvviso e ti prende alla sprovvista. Ecco, fare il medico è proprio questo: mettere il paziente al primo posto, trasmettergli serenità e fargli capire che a lui saranno dedicate tutte le cure possibili e necessarie. La cosa più bella che un medico può ricevere è la fiducia da parte del proprio paziente, perché quando si è su un letto d’ospedale ci si rende conto quanto sia importante un sorriso dall’altra parte, una parola di conforto o anche l’essere ascoltati. Perché il tempo speso per il prossimo ti arricchisce dentro e quando diventi utile per qualcuno la tua vita si accende di colori vivaci. Non so cosa mi riserverà il futuro ma dicono che “se un sogno ha così tanti ostacoli, significa che è quello giusto” e io da sognatrice voglio crederci.  

 

Alessia Paroli

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