L'ULTIMO OLTRAGGIO
“Ci hanno spogliato di noi stessi e ora vengono ad oltraggiare la nostra memoria”. Questi sono probabilmente i pensieri di tutte le vittime ucraine che hanno visto la brutalità della guerra violare le loro vite, e che hanno visto poi i loro oggetti personali, seppur effimeri, ma con un'importanza affettiva, depredati dalle loro case.
Durante i primi di aprile, con la guerra in pieno svolgimento, sono stati segnalati da alcune telecamere di un ufficio di spedizioni in Bielorussia, decine di soldati russi che facevano la fila per poter spedire a casa il bottino del saccheggio avvenuto nelle città più colpite da questo conflitto. Città come Bucha, Hostomel, Irpin; divenute ormai molto conosciute, sfortunatamente per un motivo per cui era meglio rimanere ignote: la guerra.
Migliaia di oggetti che appartenevano a quelle vite distrutte. Oggetti apparentemente privi di valore affettivo, come televisori ed elettrodomestici, ma che comunque legavano l’anima della persona ormai uccisa. Questi soldati hanno raccattato tutto quanto, prendendo il tutto come un “bottino di guerra”, senza pensare alle facce dei proprietari di quegli oggetti. Senza sentirsi in colpa. Senza pensarci due volte.
A cosa penseranno le donne, i bambini, gli anziani russi che ricevono questo “premio” da parte dei propri parenti? Sapranno la provenienza di esso? E se sì, questa consapevolezza impedirà loro di proseguire la loro vita con la coscienza pulita? Queste sono domande che noi ci siamo poste, ma la loro risposta ci è sconosciuta, e probabilmente rimarrà tale.
La domanda che ci è sorta spontanea è: “Quale essere umano è in grado di dare un ordine simile? Dire a dei ragazzi -soldati- che sono legittimati a depredare non solo l’esistenza di una persona, ma anche i ricordi materiali che la legano alla quotidianità di quella che era la loro vita terrena." Una mancanza di empatia e di umanità che non si fa problemi ad essere palesata.
E questi ragazzi come fanno a rimanere spietati anche con davanti agli occhi senza vita di un innocente? Quanta forza hanno per annientare in tal modo non solo l’esistenza di una persona, la cui sola colpa è esser nata nel luogo sbagliato e nel momento sbagliato, ma anche ciò che poteva ricondurci ad essa? In questa diffamazione vediamo il tentativo, molte volte ben riuscito, di annichilire l’identità di un essere umano. Ma prima di essere russo, ucraino, italiano, non siamo forse persone? Saremo diversi in molti tratti, ma la cosa che ci accomuna tutti quanti, è la nostra biologia umana.
Ci è storta un’ulteriore domanda: qual è lo scopo della guerra, per questi ragazzi? Il loro scopo personale, lo scopo di persone estranee al rancore per quella popolazione specifica... una ragione economica, una condizione di vita misera?
Ma più di tutto, la cosa che personalmente ci ha fatto accapponare maggiormente la pelle, è stata la normalità della distruzione portata in Ucraina, e in particolar modo a Bucha, da questi ragazzi-soldato. Essi sparano per mestiere, e vediamo in queste loro azioni una consuetudine agghiacciante. Presumibilmente se chiedessimo loro come interpretano questo “lavoro”, che ai nostri occhi appare disumano, ci risponderebbero così: “Un lavoro come un altro, lo svolgiamo per poter vivere”. E qual è, sempre che ce ne possa essere una, la motivazione di questa guerra? Ci può essere la giustificazione ad una guerra? Putin ha sostenuto inizialmente che la causa di ciò a cui stiamo assistendo oggi, è la storia che lega la Russia e l’Ucraina. Dichiara infatti che la Russia debba incorporare dei territori ucraini, poiché storicamente russi. Ma non sappiamo tutti che i confini tra Stati sono astratti ed effimeri? Allora perché accanirsi ed impuntarsi su una motivazione così infondata e sciocca? Sappiamo infatti tutti quanti che in realtà questo è solamente un pretesto, e che dietro a tutte le scelte che sono state fatte ci sono cause molto più grandi, e, probabilmente per noi, incomprensibili.
Vogliamo concludere ponendovi la seguente domanda: “Ciò a cui stiamo assistendo oggi è una storia che si ripete, che cambia scenario ed attori, ma l’essenza è la stessa. Quindi a cosa serve studiare, analizzare e capire la storia se poi questi sono i risultati? Siamo così sicuri di comprendere davvero e pienamente la storia? Ma soprattutto, siamo pronti a prenderci sulle spalle la responsabilità di non sprofondare in ciò che siamo stati e in ciò che siamo?”
Ecaterina Gidioi
Giorgia Maroli